2 mag 2011

L'odore dei numeri

Quand'ero piccolo certe volte mia mamma mi prendeva su con lei per andare a far la spesa. Stavamo in periferia, bastava attraversare la strada e sotto un palazzone di tre piani c'erano tre negozi: una merceria con vestiti e robe per cucire, un calzolaio con scarpe e robe di pelle, e infine una bottega con tutto il resto, soprattutto roba da mangiare. La bottega era il posto dove andavamo più spesso e dove c'era il maggior numero di tipi di cose, un assortimento da rimanerci secchi. Ci mettevamo in fila con le altre signore e io avevo tutto il tempo di bermi con gli occhi l'incredibile complessità del mondo degli adulti.

C'era un'unica commessa, nella bottega, una ragazza giovane e gentile, che sapeva TUTTO a memoria. Esempio: una cliente voleva un certo tipo di conserva di pomodoro, la commessa andava davanti ad uno scaffale, montava su uno sgabellino, pescava dentro uno scatolone col braccio teso sopra la testa e mostrava un barattolo alla cliente:
- Sì, quella, me ne dai due - rispondeva la cliente - e poi un etto di pancetta, anzi fai uno e mezzo, tagliata grossa - aggiungeva, scrutando un pezzettino di carta che teneva in mano. La commessa scendeva con i due barattoli stretti al petto, li infilava in un sacchettone di carta marroncina, appoggiava tutto in cima al bancone e andava a prendere un coso a strisce bianche e rosse e avanti così, una chiedeva, l'altra trovava, mostrava e avuto l'assenso insacchettava, finchè la cliente diceva "altro" e voleva dire che non voleva più niente.

E qui arrivava il momento veramente misterioso: la commessa faceva dei segni su un pezzetto di carta, chissà perchè, e diceva alla cliente:
- Son 12 lire ! - quindi dava il pezzetto di carta alla signora, la quale guardava il pezzetto di carta, cavava il borsellino dalla borsa, lo apriva con circospezione, individuava due pezzetti di carta, ma stampati, non scritti a mano, erano i "soldi", li dava alla commessa e diceva:
- Ecco 15 - e la commessa di rimando:
- 12 e 3 ... 15 ! Mi saluti tanto la Rosina, che è un po' che non la vedo.
Alcune monetine passavano di mano e infine il sacchettone andava in braccio alla cliente che usciva tutta contenta. E sotto a chi tocca ! Come faceva ricordarsi tutte quelle cose, la commessa, come se niente fosse ?

Non solo e non tanto DOVE erano i prodotti; Anch'io mi ricordavo dov'erano i miei giocattoli, i miei vestiti, la mie scarpe, quindi pensavo che con un po' di allenamento ce l'avrei fatta a memorizzare i posti di tutti quei prodotti. La cosa stupefacente era che sapeva indovinare i soldi ! Non c'era una volta che quanto chiesto ad una cliente fosse uguale: 12 lire, 5 lire, 20 lire, 2 lire e 30 centesimi ... e per forza ! Ogni cliente chiedeva cose diverse, in quantità e in assortimenti diversi. C'erano più possibilità che granelli di sabbia in spiaggia ! Io pensavo che quando la bottega era chiusa la commessa studiava in un librone dove poteva imparare tutti i prezzi di tutte le possibili combinazioni; me la immaginavo lì nella penombra intenta a mormorare sottovoce tutti quei numeri, additando prima uno scaffale e poi l'altro, un po' come faceva mia mamma quando studiava una poesia per insegnarla ai suoi scolari, solo che lei non additava mai niente.

Poi pensandoci bene mi resi conto che c'era un'altra complicazione: il resto ! Cioè la cliente, dispettosa, poteva dare dei soldi che non erano proprio quelli che aveva chiesto la commessa e allora lei doveva sapere come fare a darle anche quelle monetine, insieme al sacchettone, in modo che la cliente fosse contenta. Era un altro ordine di complessità che ingigantiva oltremisura la quantità di cose da imparare. E guai a sbagliarsi, le clienti facevano delle storie se i soldini di resto non andavano bene e la commessa diventava tutta rossa in faccia, quindi non era un gioco, c'erano numeri giusti e numeri sbagliati.

Insomma era veramente un mistero come facesse quella ragazza così carina e gentile a tenersi in testa tanta roba e continuare a sorridere e a mandare saluti alle nonnine acciaccate. Io non ce l'avrei mai fatta.

Così un giorno, di ritorno dalla bottega, mi confidai con mia mamma:
- Allora ho proprio deciso, mamma: da grande vado nel Far West a fare l'esploratore; lavorare in un negozio non ce la farei ... ci vuole troppa testa ! - e le spiegai per filo e per segno le ragioni della mia inadeguatezza.

Va detto, a mia discolpa,  che non andavo ancora a scuola. A leggere e scrivere avevo già cominciato un po' a imparare con Alberto Manzi, quello di "non è mai troppo tardi", una bellissima trasmissione TV per analfabeti, ma far di conto proprio niente. Fu una vera e propria rivelazione quando mia mamma mi disse che non si trattava di imparare a memoria. C'erano altre cose che la testa poteva fare, oltre che ricordare. C'era un sistema per indovinare i soldi giusti e lo stesso sistema andava bene anche per indovinare i soldini del resto. Lo stesso sistema ! E chissà quante altre cose poteva far indovinare ... ero eccitato come un apprendista stregone, e tanto feci e tanto brigai che alla fine mia mamma si arrese e mi insegnò anzitempo a contare sulle dita fino a dieci. E contai tutto il contabile in casa, a partire dai gradini della scala. Poi mi diede un gioco che lì per lì mi sembrò un po' una fregatura: era una scatola con dentro solo dei pezzettini di legno di diversa misura, ma non erano tanti e non ci si costruiva praticamente niente; i più piccoli erano dei cubetti ed erano gialli, poi ce n'erano dei rossi che erano grandi come due cubetti messi insieme, poi dei verdi da tre, dei blu da cinque e pochissimi bianchi da dieci.

Avevano un odore strano, come di olio, ma non erano unti. Quei legnetti mi fecero "toccare" l'aritmetica: mettevo in fila due cubetti da uno; gli mettevo di fianco il legnetto da due: erano lunghi uguali. Poi aggiungevo un altro cubetto e stavolta di fianco ci stava bene quello da tre;  altro cubetto e ... osto, il cinque è troppo lungo, ma due da due fanno proprio la lunghezza giusta ! Due legnetti da due fanno la stessa lunghezza di quattro cubetti e hanno proprio lo stesso identico odore, l'odore dei numeri.

- Quindi - disse la mamma - se i pomodori costano due lire - e mise giù un legnetto rosso - e la pancetta costa cinque lire - e gli mise di seguito un legnetto blu - quanto spendo in tutto ? - e mi mise in mano una manciata di cubetti. Io la guardavo, guardavo i miei cubetti e mi agitavo tutto, come se mi scappasse la pipì.

- Mettili di fianco, in fila, e poi contali - disse lei sottovoce e io ...
- Uno due tre quattro sei NO cinque sei ... sette ? - mi sorrise - Sette. Sette ! SETTEEEEEEEEE

Provammo altre combinazioni: un uovo da una lira, biscotti da tre lire, due pacchi, ehi, ma fa sempre sette ? No, è un caso. Tre uova e la pancetta: otto ! Due pomodori: quattro ! Un pacco di biscotti e un pomodoro: cinque ! Più un altro pomodoro: sette ! Più un altro ancora: nove ! E se non voglio più i biscotti ? Sei ! Tre pomodori fanno sei lire ! Funziona, il metodo funziona, sotto a chi tocca !
- Aspetta, e se ti do 10 lire - e la mamma mise giù un biancone di fianco ai tre rossi pomodori che erano uno in fila all'altro - quanto mi dai di resto ? - col dito faceva segno davanti alla fila dei rossi, nello spazio che mancava ad arrivare alla fine del biancone da 10. Io: bocca aperta e cervello chiuso.
- Dai, mettici i cubetti, qui ... quanti ce ne stanno ? - mi disse
- Uno due tre ... quattro ? - aspettavo il sorriso
- Ohi ! Certo che è quattro; adesso lo scambio è pari: 10 lire di qua, tre pomodori e quattro lire di là. Hai capito ?
- Sì ! Rifacciamo ... dai dai rifacciamo che poi lo faccio alla nonna e allo zio Antonio. Ma loro sanno già fare, anche se non lavorano in negozio ? Papà sa già fare di sicuro ...

Intanto che c'ero ho imparato a contare fino a cento (da undici a venti è dura ma dopo è tutta discesa) e ho fatto venire il mal di testa a tutti. Da allora ho iniziato a guardare con sospetto i maghi e gli indovini.

Sei per otto ? Asino cotto ! Le tabelline in effetti sono solo un fatto di memoria, c'è poco da ragionare, però sono indispensabili per fare in fretta i calcoli a mente, e nel Far West, si sa, sopravvive solo la pistola più veloce. Sette per sette ?

wikipediaPagina di Algebra di al-Khwarizmi

6 apr 2011

air2air images (well ... water to water)

At last, thanks to Mauro shooting from his Elan 37 Amelì, here're to you the first images of Farrier F-22 Rebel from outside of the boat during navigation:
The only way to obtain heeling on Rebel is using Photoshop ;-)
A very calm day ...
 around 3 Knots
 but we're moving, anyway

the water surface seems glass ...
To infinity and beyond ! (Buzz Lightyear, Toy Story)






The wind is increasing ... takeoff !


Click here for the picasa slideshow. Enjoy ! And now in Italian

Beh, non c'è molto da aggiungere, un'immagine vale 1000 parole, no ? Notare le vele, come sono affilate, e poi, visto di fronte, non fa paura, Rebel ? Cattivisimo ! Ma è più probabile che lo vediate di dietro, visto come fila ... (dai Mauro, non te la prendere, e grazie per le foto ;-) CIAO !

P.S. ho sbagliato blog ! Ecco perchè non trovavo più il post; il computer ha sempre ragione. Beh ormai ... visto che ci siamo, teniamocelo; tanto son belle foto, no ?

1 apr 2011

vento divino sul canale di sicilia

Alcune osservazioni fattuali ed una ipotesi di lavoro:

il 23 marzo Roberto De Mattei, tuttora vicepresidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (C.N.R.), intervenendo a Radio Maria, ha sostenuto che il terremoto e lo tsunami del Giappone, e più in generale le catastrofi naturali, sono "una VOCE terribile ma paterna della bontà di Dio";

il 30 marzo Silvio Berlusconi, tuttora Presidente del Consiglio, intervenendo a Lampedusa, ha sostenuto che in 48, massimo 60 ore il problema degli immigrati sarebbe stato risolto e l'isola restituita ai suoi abitanti; c'è chi giura di averlo sentito scommettere "se no mi dimetto";

passate 36 ore un maestrale da paura, oltre 30 nodi, s'è sollevato nel canale di Sicila, impedendo qualsiasi trasferimento via mare da e per le isole minori; c'è chi giura di aver inteso, nell'urlo del vento, le seguenti parole: "nanooo, fora di baaallllll";

forse era la VOCE terribile ma paterna della bontà di Dio;

http://bit.ly/dimissionidemattei

22 gen 2011

Tutto il potere ai ragazzini

Oggi è l'anniversario della nascita (non si può dire compleanno, eh ?) di Antonio Gramsci.

Leggevo l'articolo di Rampini (la Repubblica) sul cambio al vertice di Google: Schmidt (55yo) lascia il posto di CEO a Page (38yo), uno dei fondatori, mentre l'altro, Brin (37yo) si focalizzerà sullo sviluppo "social"; i tre hanno detto che era ora di velocizzare i tempi di reazione di Google.

Più avanti Rampini parla di capitalismo vero, quello che crea sviluppo, e racconta di come Zuckerberg (26yo), fondatore di Facebook, abbia di recente coperto di m&rda la Goldman Sachs, colpevole di aver messo in piedi una operazione finanziaria ambigua e opaca (e probabilmente fuori legge) riguardo la precollocazione di un miliardo e mezzo di azioni FB.

Google occupava 19835 persone il 31/12/2009, mondo intero. Magari adesso saranno un po' di più. Facebook meno di 2000. La nostra FIAT ne ha 190mila, di occupati, cioè 10 volte Google.

Tre ordini di grandezza (190k, 19k e 1.9k), con la più piccola (FB) che sale come un tappo di spumante e la più grande (FIAT) che galleggia (si fa per dire) come un ferro da stiro, mentre Google cerca nuovi modi per adattarsi e continuare a crescere.

Il ruolo della forza lavoro, nel terziario avanzato e nel manifatturiero sembrerebbe quanto di più diverso possa esserci: stimolati ad essere creativi ed orientati all'autogestione agile, i primi, umiliati da un taylorismo ottuso e decimati dall'automazione industriale, i secondi. Potrà durare ?

Interessante articolo sulle migliori aziende nel mondo in tema di "supporto" ai dipendenti: http://www.repubblica.it/economia/2011/01/24/news/classifica_fortune_100-11555951/

La Toyota ha da tempo sviluppato un metodo per coinvolgere tutti i dipendenti nel miglioramento continuo dell'azienda: è il kaizen. In America e in Germania i lavoratori (certo non tutti) sono concretamente coivolti in quanto azionisti attraverso il sindacato.

A me sembra che la tecnologia stia rendendo possibili forme di cambiamento che prima non erano praticamente realizzabili; la velocità di circolazione delle informazioni, la possibilità di aggregare e rielaborare questi dati è tale che si possono immaginare e attuare meccanismi di adattamento capaci di spremere valore da situazioni finora ingessate. Lì i ragazzini ci sguazzano, giustamente.

13 gen 2011

Strani giorni ...



E l'operazione nostalgia non è finita ! Trascrivo qui, una mail a una trasmissione radio di qualche tempo fa:
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Ciao a tutti.
Prima della domanda vorrei condividere un ricordo:


1972, Liceo Classico Dante Alighieri di Ravenna, assemblea di Istituto, ospite straordinario il segretario nazionale della FGCI, di passaggio in città.


Io avevo 14 anni ed ero al primo anno (IV ginnasio); venivo da una scuola media BELLA, piena di sperimentazioni, di prof  motivati e aperti, leggevamo il quotidiano in aula; insomma si stava bene.


Al classico i prof erano DISTANTI, le cose che insegnavano erano distantissime e i compagni di scuola ... di un altro pianeta, a partire dai vestiti. Insomma uno schifo di solitudine, un senso di inutilità da non capirci più niente.


Alle assemblee ci andavamo in pochi (era "disdicevole" !), ma almeno lì non mi sentivo spaesato; c'era gente come me, con la smania di fare qualcosa di nostro, ma cosa?


Il segretario nazionale si presentò e fece un discorso che adesso non ricordo bene, un bel discorso: faceva venire rabbia e fretta e però diceva di essere lucidi e organizzati, un discorso breve che concluse dicendo "adesso voglio sentire voi, e non quelli che parlano sempre, aspetta Laura e anche tu Fabrizio, sentiamo prima gli altri, i nuovi".


Scese il silenzio e salì il brusio nella nostra minuscola palestra; io prendevo il fiato, cercavo di pensare in fretta ma ... non successe niente per un bel po'; allora il segretario nazionale diede la parola ai soliti; alla fine non fece conclusioni, salutò abbastanza freddamente e ci avviammo fuori. 


Quando mi passò vicino presi il coraggio e mi buttai; "Massimo !" Lui si voltò e io in fretta e furia, mangiandomi le parole, gli dissi che lì a scuola si stava male, perchè quello che succedeva nel mondo restava sempre fuori; i prof. dicevano che non era ancora STORIA, non era possibile occuparsene con la necessaria obiettività, ma cazzo stava succedendo adesso, stava succedendo a noi !


Il segretario nazionale mi guardò con infastidito interesse, dicendo: "ma allora c'era qualcosa da dire, qui. Perchè non l'hai detto in ASSEMBLEA ?" E io risposi: "Beh insomma, cioè, ma tu cosa ne pensi, cosa dobbiamo fare con 'sti prof?" e lui, duro: "Quello che penso lo tengo per me".


Ci rimasi secco, con un punto interrogativo disegnato in faccia. Così lui si sentì in dovere di chiosare "se ti rispondo qui, adesso, non è POLITICO, sono chiacchiere tra noi, non serve a niente, non si cambiano le cose". "Ma serve a me ..." mormorai. "Appunto. E gli altri ? " E se ne andò.


Lì per lì l'avrei mandato ... a stendere, però ... in effetti ... il ragionamento era ... intelligente. 


"La libertà non è star sopra un albero", cantava Gaber, e noi abbiamo messo su la coop Radio Città a Ravenna; la paura di parlare in pubblico mi è un po' passata e la voglia di fare delle cose insieme non se n'è più andata.


Domanda per Massimo: gli strumenti tecnologici della partecipazione da quel 72 sono aumentati esponenzialmente, ma altrettanto ha fatto la sensazione di distanza tra "we, the people" e il potere. Quello che fate da Vespa o da Mentana, non sono anche quelle chiacchiere tra noi, che non servono a niente, che non cambiano le cose ? Si può fare un partito OPEN-SOURCE e lavorarci dentro tutti ? Comunque grazie per quella dritta, molto utile per quanto antipatica, di 36 anni fa: non l'ho più dimenticata.


Ciao !
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Indovinare chi era Massimo è facile, ma allora chi era Fabrizio ? E Laura ? Ah, dimenticavo: non mi ha mica risposto neanche stavolta ...