- riprese con la mia Kodak Instamatic (c'erano rimasti 5 o 6 scatti buoni e quelli già fatti erano sacrificabili, in caso avessimo cannato il procedimento)
- acquisto della Paterson per lo sviluppo del negativo (la pago io, perchè sono il più motivato, a questo punto, e spero che poi gli altri mi seguano; e poi voglio il controllo della situazione: senza la Paterson non si va da nessuna parte)
- acquisto degli acidi per lo sviluppo del negativo (li paghiamo tutti, e checcazzo, spendo solo io ?)

Allora, per i digital kids: una volta le cose erano mooolto complicate; facevi una foto e questo significava semplicemente che la tua "pellicola" veniva "impressionata" con una "immagine latente"; è più o meno come adesso, la pellicola è la memory card della macchina fotografica digitale, e l'immagine latente è il valore dei bit della memoria dedicata alla tua foto. Solo che adesso attacchi la macchina al computer e scarichi le tue foto, anche dopo averne fatta una sola, volendo; allora invece era una casino inenarrabile:
dovevi "finire" le fotografie, tutte e 36 o 20 o 12 a seconda del "rullino" che avevi comprato; non potevi fermarti a metà, che so, dopo 7 foto: no, dovevi farle tutte e poi "riavvolgere" il rullino; se ti dimenticavi di riavvolgere e aprivi la macchina fotografica per togliere il rullino, beh le tue foto erano tutte fottute, tutte irrimediabilmente perdute, come riformattare la memory card, buttarla nel cesso e tirare l'acqua, perchè le nostre pellicole non erano "riscrivibili".
Finite le foto e "riavvolto" il rullino con l'apposito "manettino" si doveva "aprire" la macchina fotografica possibilmente non in pieno sole (in estate, al mare, i migliori tra noi andavano in apnea sotto il telo o "dentro" il borsone), trasferire il rullino nell'apposito barattolino di plastica nera ed eventualmente ricaricare la macchina fotografica con un nuovo rullino, per essere pronti a cogliere nuove inquadrature. Ricaricare significava, sempre nella penombra del borsone, agganciare la "linguetta" della nuova pellicola nell'apposito "recettore" del rocchetto, chiudere la macchina fotografica e fare due foto a vuoto; se la pellicola si sganciava (e non te ne accorgevi) allora (disastro !) facevi le tue foto, ti stupivi perchè arrivavi a 38, 39 ... 40 ! Poi per sicurezza riavvolgevi e ... in un giro e mezzo avevi riavvolto (si sentiva il "flock !" della linguetta che rientrava nel rullino); un giro e mezzo invece dei soliti 10 15 poteva significare solo una cosa: linguetta sganciata fin dall'inizio, mai fatta alcuna foto, altro che 40. E in più il rullino senza la linguetta fuori non era più riutilizzabile. Insomma, una domenica rovinata.
Il rullino (correttamente impressionato) andava poi consegnato in negozio, specificando il formato di stampa per tutte le foto, sì, tutte e 36 o 20 o 12, anche quelle venute male, sfuocate, mosse, troppo chiare o troppo scure, tutte, così la prossima volta stavi più attento e facevi meno esperimenti.
Dopo tot giorni andavi a prendere le foto in negozio, e ti davano anche i "negativi" cioè la tua pellicola tagliata in strisce da 6 fotogrammi, dove i toni erano "invertiti", ciò che nella foto stampata era nero nella pellicola era trasparente e ciò che nella foto era bianco nella pellicola era nero opaco e tutte le sfumature intermedie ... beh, insomma, avete capito. La stampa delle foto non era a buon mercato e soprattutto non era selettiva, personalizzata: ti stampavano tutto, ma proprio tutto, i più disonesti anche i primi due scatti a vuoto se non erano proprio completamente vuote. Poi se volevi potevi farti ristampare le foto che preferivi, magari ingrandite, riconsegnando il negativo e indicando i fotogrammi desiderati.
(segue)
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